Quanto è durevole lo hanno stabilito con la progettazione e i relativi test.
Dobbiamo tener presente che i giunti flessibili non sono una novità nel campo delle costruzioni meccaniche e tantomeno nella bicicletta: il primo esempio di flex stay è su una ammortizzata del 1899, in questo caso il brevetto prevedeva una lastra in acciaio saldata al BB e ai i foderi bassi che flettendo fungeva da pivot centrale.
I "normali" flex stays che si sono succeduti nel tempo nel campo delle soft tail (quindi senza snodi nè smorzatori) che nelle ammortizzate, anche attuali. Esempio eclatante tra le ebike full suspended 2024 le Merida e-One sia in carbonio che alluminio con 170mm di escursione.
I tradizionali sistemi flex stays che fanno lavorare i foderi nella loro intera lunghezza sono ben diversi dal FlexPivot di Cannondale: qui si fa lavorare una zona ben precisa del triangolo posteriore, quella in cui solitamente in un 4 bracci si trova il giunto Horst. È una verità che un giunto a cerniera tradizionale (i soliti coi cuscinetti o boccole) è più "libero", ma c'è anche da dire che in questo caso il giunto elastico nella sua flessione non determina un punto esatto di snodo: lavorando sul composito, sulla disposizione delle fibre e sulle dimensioni il progettista della sospensione può far si che questo fulcro si sposti durante la corsa con finalità di efficenza del linkage così come sfruttarne la risposta elastica (l'energia non è scaricata su un perno) per rendere più reattivo alle accelerazioni il telaio.
Certo che lavorerà di continuo e durante la corsa fletterà milioni di volte, ma dobbiamo tener conto che i compositi ben progettati e realizzati sono molto più affidabili dei metalli, questi ultimi soggetti a degrado per fatica, anche se nel caso specifico parliamo di angoli di flessione di 6/7° al massimo, quella minima apertura che fa lavorare a compressione sempre le stesse poche sfere nelle piste dei cuscinetti presenti negli Horst, distruggendole.
Vedi l'allegato 69616